Parlare di un’autrice quale Emily Dickinson apre ad una serie di considerazioni sulla percezione della grandezza; di quella grandezza che supera di gran lunga i confini territoriali di uno Stato come anche quelli del tempo.
Emily fu una pioniera sotto ogni punto di vista e riuscì, questa la sua più grande peculiarità, ad essere amata nonostante abbia scardinato una serie di tabù in qualità di donna emancipata quale si dimostrò soprattutto se la inquadriamo nel suo tempo: sono gli anni 1830-1886 in America.
Emily nasce a Hamherst (Massachusetts) in una classica famiglia puritana collocata perfettamente in un ambiente sociale anch’esso fortemente puritano. Il padre – Edward Dickinson – era un avvocato molto noto nella comunità facendo parte, anche, del consiglio direttivo del Hamhrest College oltre ad avere una carriera politica ben avviata. Edward era un uomo di quel tempo, certo un uomo colto, ma sempre un uomo forgiato dal concetto di “Puritano Modello” per il quale la stessa Emily lo definì “pure and terrible” (ovvero puro nella dimensione all’adesione a questa ortodossia in modo totale e terribile poiché questo modello presupponeva degli stardard molto alti e difficilmente raggiungibili).
La madre, Emily Norcross, era invece la quintessenza della donna che incarnava la figura dell’ “angelo del focolare”, ovvero di quel genere di donna che si occupava della dimensione domestica in modo quasi del tutto automatizzato e che non aveva, pressoché, alcun pensiero per ciò che riguardava tutto il resto che la circondava. Istintivamente, avendo descritto queste due figure genitoriali, appare evidente che Emily Dickinson non ebbe lo stesso tipo di rapporto con entrambi i suoi genitori: con la madre si rivelò un rapporto praticamente assente mentre con il padre riuscì ad instaurare una specie di relazione culturale approfittando della biblioteca paterna per apprendere e discutere dei propri progressi culturali.
Il nucleo familiare si chiude con le altre due figure di riferimento per la scrittrice; il fratello Austin e la sorella Lavinia. Lei e Lavinia decideranno volontariamente di non sposarsi mai, nonostante alcune proposte di matrimonio ricevute nel corso della loro vita.
Emily Dickinson negli anni di formazione
Cosa era l’America quando una piccola ed ingenua Emily si approcciava alle prime letture? Il mondo puritano al quale la stessa Emily apparteneva era in completa adorazione di una figura estremamente peculiare – tale reverendo Jonathan Edwards – che parlava di peccati e peccatori accentuando ed estremizzando le caratteristiche dell’uno e dell’altro; molto celebre era l’immagine che creava – quando si presentava sul pulpito della chiesa – e sosteneva che l’uomo (inteso come specie) non era nulla rispetto a Dio. Lo paragonava ad un ragno nelle mani di Dio e se Dio avesse voluto, magari semplicemente spostando la propria mano, l’uomo sarebbe potuto essere gettato nel fuoco – Sinners in the Hands of an Angry God – che mostrava un’idea della fede davvero cruda. Immaginiamo cosa abbia potuto provare dentro di sé una giovanissima e profonda Emily leggendo una tale punizione che, magari, veniva ulteriormente ribadita dal padre.
Eppure Emily cresce e non si lascia sopraffare da queste idee che, con grande probabilità la strutturano, ma che non riusciranno a domarne la natura e la curiosità intellettuale e creativa.
Maturerà una serie di pensieri propri tra i quali spicca la propria visione della vita, il suo fine ultimo, se così possiamo definirlo: Emily si rende conto di avere il dono di riuscire ad allietare coloro che la circondavano e che stimava perciò “sfrutta” questa sua peculiarità innata per trasferire speranza, amore e gioia. Sosterrà in più occasioni che il mondo è immensamente pieno di dolore e di violenza per aggiungerne dell’altra. Per la scrittrice il perfetto connubio per esprimere questa gratitudine dell’uomo verso Dio e verso la pace risiede nella Natura.
Emily Dickinson ed i modelli femminili dell’epoca: True Woman e Real Woman
Emily ebbe la fortuna di nascere benestante e questo le permise, certamente, di poter evitare le nozze senza sentirsi troppo “un peso”, in qualità di donna, come invece era abitudine all’epoca.
I modelli per definire la figura femminile all’epoca in America prevedevano una naturale e socialmente accettata figura femminile incarnata nel modello della True Woman. Questa era la donna/angelo, la donna/madre, la donna/moglie… insomma rappresentava quel modello sociale che voleva vedere la figura femminile sempre un po’ ai margini e, sicuramente, mai troppo al centro dell’attenzione anche banalmente dal punto di vista intellettuale. Alla donna non era richiesta la medesima formazione culturale dell’uomo; prediligendo per quest’ultima una formazione nel ricamo, nella lingua francese (ritenuta elegante), studiando il piano…una donna che possedesse le 4 caratteristiche (Pia, Devota, Domestica e Sottomessa) quindi accentuando, se possibile, quell’aura angelica che naturalmente avrebbe dovuto accompagnarla. A questa categoria appartenne, con pieno diritto, la madre di Emily e questo ci fa capire molto bene le difficoltà comunicative intercorse tra di loro.
Sarah Margaret Fuller
Altro modello per definire la figura femminile, coniato a sua volta da una femminista ante litteram quale Sarah Margaret Fuller era quella della Real Woman che prevedeva una donna capace di rompere gli schemi.
Emily si sentiva in naturale sinergia con il modello della Real Woman ma non vi aderì in modo totalizzante mantenendo, invece, uno stile di vita tutto sommato molto ritirato e semplice.
Emily e la scrittura
La Dickinson non sarà mai dirompente nel suo modo di vivere e nel suo modo di scrivere, prediligendo una vita ritirata in campagna che alimentò la sua fantasia.
Emily scriveva in modo compulsivo e dappertutto; sono stati ritrovate poesie persino su pagine di giornali, contenitori… ovunque l’inchiostro avesse il potere di attecchire e lasciare il segno. Questo suo modo di scrivere ha reso molto difficile riorganizzare il suo lavoro post mortem anche, perché, purtroppo ci furono più mani che alterarono le sue opere. Alla morte della scrittrice, infatti, l’amante del fratello Austin, tale Marble, – divenuta editore – decise, con l’aiuto di Higginson , di pubblicare le opere della sorella nonostante la stessa avesse chiesto – in punto di morte alla sorella Lavinia – di bruciare tutto. A questo punto probabilmente spinti dal desiderio di creare una certa continuità nelle opere apportarono delle modifiche (aggiungendo punteggiatura, titolando le poesie… e stabilendone un ordine di creazione e di catalogazione). Alterando, in sunto, il lavoro randomico della stessa. Dopo molti anni, un collezionista molto scrupoloso (Johnson curerà un’ulteriore versione cercando di risolvere i problemi creati dall’editore precedente: per esempio mettendo in ordine le poesie originali seguendo il buco del filo con il quale la Dickinson li aveva legati tra loro ma, purtroppo, non sempre possibile come nel caso dei testi scritti su supporti di fortuna). Ancora adesso la collezione di Emily Dickinson risulta “in divenire” poiché emergono ulteriori poesie. Certo la catalogazione delle poesie improntata da Johnson è quella che ha cercato di essere più rispettosa, sostituendo i titoli con una progressione numerica tale da poter banalmente individuare una poesia dall’altra.
Solo intorno al 1950, grazie al meticoloso studio di Jonson (un suo ammiratore), che acquista moltissime sue opere e le riporta il più possibile allo stato originale, noi siamo riusciti ad entrare nell’anima di una delle più grandi scrittrici e pensatrici del 19esimo secolo.
Ludovica Cassano