Sarah Margaret Fuller: donna tra due mondi

Sarah Margaret Fuller fu una delle più grandi intellettuali del XIX secolo, una pioniera nel suo genere. Fu capace di cimentarsi senza alcuna difficoltà dalla prosa alla poesia non trascurando l’impegno sociale e civile. Una donna che ha saputo inserirsi in un periodo storico nel quale la figura femminile era considerata un surrogato dell’uomo.

Nasce a Cambridge, nel Massachusetts, il 23 maggio 1810 e fu inizialmente educata in casa dal padre, Timothy Fuller, un avvocato e politico piuttosto noto a quel tempo, convinto che i ragazzi di ambo i sessi dovessero ricevere la stessa formazione, in contrasto con le idee del periodo.

Proprio grazie al liberismo intellettuale paterno la giovane viene spinta a insistere verso lo studio e si mostrerà una mente davvero curiosa e preparata: una studentessa modello e una abile poetessa e saggista.

Frequenta per sette anni le migliori scuole femminili della East Coast ma, anche dopo essere tornata a casa, continua a studiare da sola i classici e le lingue.

La vasta cultura che si fece le permise di cominciare a lavorare come insegnante a partire dal 1839; tuttavia, notò subito la sua differenza rispetto agli insegnanti laureati delle scuole maschili e comprese che, anche quando avevano la possibilità di andare a scuola, le donne erano comunque ghettizzate, perché non conseguivano titoli in grado di abilitarle all’esercizio di alcuna professione.

 

Grazie alla posizione sociale del  padre e alla sua notevole conoscenza dei classici, inizia a frequentare personalità di spicco nel contesto culturale dell’epoca tra i quali spicca la figura di Ralph Waldo Emerson (fondatore e mentore del movimento trascendentalista) e ne diventa una sostenitrice.

Proprio in questo periodo cerca di insegnare per potersi mantenere perché il contesto sociale non permetteva una grande possibilità alle donne.

Il ruolo femminile era di sposarsi e di procreare mentre al marito spettava la vita culturale e mondana.

Grazie alla sua preparazione culturale la giovane riesce a spiccare nel vuoto femminile del periodo e viene contattata da Emerson che le concede la direzione di una testata giornalistica trascendentalista ( The Dial) facendola diventare la prima donna giornalista della storia americana.

Pur essendo una trascendentalista molto entusiasta rimarrà, però,  sempre ai margini di questa corrente e, alla chiusura del giornale, riceverà una proposta lavorativa da Horace Greeley (direttore del New York Tribune) con il quale inizierà a collaborare attivamente come corrispondente per l’estero.

In Inghilterra  entra in contatto con una serie di attivisti o di esuli mazziniani e garibaldini  in esilio.

Tra questi simpatizzanti incontra l’italiano Giovanni Ossoli (nato a Roma nel 1820) con il quale  scoppia un amore travolgente. Anche questa volta Margaret si dimostra una pioniera decidendo di partorire un figlio (Angelo Ossoli) con il marchese romano al di fuori del matrimonio.

Il rapporto tra i due sarà un altro importantissimo perno nella vita della Fuller perché contraddistinguerà tutto la sua fase italiana: Firenze prima, Rieti dopo e per finire Roma durante gli episodi della repubblica Romana del 1849. Entrambi furono impegnati ad aiutare Mazzini (lui come soldato e lei come infermiera).

Erano periodi duri (rischiavano di essere uccisi in quanto sostenitori mazziniani) e decisero di lasciare l’Italia e ritornare in America.

Accettarono di partire con un mercantile (l’Elizabeth) che trasportava marmo di Carrara. La traversata partì in modo accidentato (vaiolo a bordo, morte del capitano e inesperienza del suo vice al comando) e si concluse con il naufragio del mercantile a pochi chilometri dalla baia di New York. Ritrovarono solo il corpo del piccolo Angelo mentre di Sarah Margaret e di Giovanni non vennero mai rinvenuti i corpi, i bagagli e l’ultima sua opera di cronaca romana.

Sarah Margaret Fuller muore nella notte tra il 18 e il 19 Luglio 1850 a pochi chilometri dalla costa.

La fine drammatica non deve, però, distrarci dalla grandezza di questo personaggio; una figura significativa per la sua capacità di analizzare i suoi tempi, il coraggio dell’azione in patria e all’estero e, infine, la propria capacità di andare oltre le logiche culturali e sociali della sua epoca.

 

Tra le opere pubblicate particolarmente rilevanti vorrei ricordare:

Woman in the Nineteenth Century che racchiude una serie di conversazioni che l’autrice ebbe a favore delle donne in un periodo compreso tra il 1839 ed il 1843. Si tratta di un’opera nella quale l’autrice cerca di spiegare il valore intrinseco delle donne in un contesto sociale che non le permetteva di sentirsi al pari degli uomini.

Uomini, a loro volta, per lo più grotteschi e vanesi, distanti dal comprendere e aiutare le donne a vivere una vita che sia “propria” un un mero riflesso dell’uomo di turno.

Descrive l’immagine-gabbia in cui si trovano le donne che non sono libere di esprimere se stesse, imbrigliate in un “abito convenzionale” dal quale non si può sfuggire : essere belle, delicate, madri, spose, addirittura mansuete.

Per la Fuller l’uomo e la donna non devono temersi bensì lavorare in concerto per creare una melodia duale e compensativa. Arriva a descrivere 4 quattro forme del pensiero dell’uguaglianza: la cooperazione familiare, secondo cui l’uomo provvede ai bisogni della casa, mentre la donna la governa; l’idolatria reciproca, dove le parti si adorano a vicenda, dimenticando il resto del mondo e costruendo una loro cella; la compagnia intellettuale: l’uomo trova compagnia nell’intelletto della donna; infine, l’unione religiosa, considerata dall’autrice il punto più alto.

The Great Lawsuit opera del 1843 pubblicata su The Dial.  In realtà più che essere un’opera femminista è un saggio sull’uguaglianza a tutti gli effetti poiché in esso la Fuller esplora i limiti attuali di libertà di pensiero, di proprietà e, infine, di voto.

Principi basilari per tutti gli esseri umani (neri, nativi americani e donne).

Un saggio dal respiro modernissimo, purtroppo fin troppo attuale a tal punto da farci riflettere su quanto ancora deve essere fatto per raggiungere questa parità effettiva e completa.

Summer Of the Lakes del 1844 è frutto del viaggio dell’autrice nella regione dei grandi laghi americani, passando per le Cascate del Niagara, Chicago, Milwaukee, Buffalo e New York. In questo viaggio incontra le tribù native americane dei Chippewa e Ottawa.

Difficile da catalogare perché un mix di annotazioni, riflessioni politiche e culturali e viaggio culturale trascendentalista.

Descrivere la Fuller è limitato se non si considera il secolo nel quale visse.

 

Il XIX secolo fu ricco di scoperte ed innovazioni; per esempio la posa della prima ferrovia permise di collegare le due coste del territorio americano e rese meno “complicato” percorrere le grandi distanze.

In conseguenza di ciò la Terra delle Opportunità e della Natura Selvaggia iniziò ad aprirsi all’avventuriero e allo straniero. Distese di terre fino a poco prima inesplorate divennero facilmente raggiungibili e questo complicò la convivenza già difficile tra nativi americani e viaggiatori in cerca di fortuna.

Il Sogno e Mito Americana era al climax dove risultava possibile  il riscatto sociale per chiunque avesse capacità e volontà. Seppur con le debite limitazioni.

Proprio queste limitazioni sociali divennero la linfa che nutrirono il genio ribelle di Sarah Margaret Fuller: donna tra due Mondi.

Ludovica Cassano

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