Quando Sergio Corazzini venne alla luce era il 1886, a Roma. Nacque da una famiglia agiata ma caduta in miseria e questo lo condizionò notevolmente: fu costretto ad interrompere gli studi e si impegnò in una compagnia di assicurazioni.
Sergio Corazzini fu un poeta completo anche se – purtroppo – visse una vita davvero breve e costellata da una salute cagionevole tanto da passare grand parte del suo tempo sottoposto a cure.
Affetto dalla tisi non aveva la minima chance di cura ma questo non lo condannò alla solitudine potendo contare sul supporto e la vicinanza – fisica ed intellettuale – di amici/poeti quali F.M. Martini e A. Tarchiani. Morì sempre a Roma ventuno anni dopo, nel 1907. Annoverato tra i poeti crepuscolari , per quel loro modo di scrivere tutti accomunati da essere post dannunziani; non un vero e proprio movimento ma una sorta di linea comune di tecnica e di visione della vita, dell’arte e del fare poesia.
Le prime pubblicazioni e le differenze con Gozzano
Corazzini pubblica Dolcezze nel 1904 e poi nel 1907 usciranno L’amaro calice e Le aureole.
Nel 1904 pubblicò le sue prime poesie ma la sua opera completa uscì quando ormai il giovane Corazzini era già morto; nel 1907 uscirono – infatti – Poesie edite e inedite con la casa editrice Einaudi ma siamo nel recente 1968.
Un anno prima di morire collabora a quattro mani con il suo amico Alberto Tarchiani e pubblica Piccolo libro inutile che già mostra – nel titolo – il dolore interiore e non celato del giovane poeta.
Corazzini è un vero e proprio poeta crepuscolare senza se e senza ma: si ammala di tubercolosi e potrebbe già essere abbastanza struggente se non fosse che si trattò della stessa malattia per colpa della quale perse sia madre che fratello. Questo condizionò moltissimo la sua scrittura e la sua sensibilità che era davvero satura di senso e di emotività. La sua fine imminente – come un condannato a morte – lo spinse ad un livello di introspezione quasi senza freni e questo rende la sua produzione così tanto bella seppur scarna.
Gozzano, invece, vive una vita diversa e scrive in modo differente; più leggero nella sua Signorina Felicita che è un’opera meravigliosa ma dai toni più ammiccanti e smaliziati tipici di poeti e, soprattutto, dei giovani uomini che vivevano con intensità le loro prime esperienze di vita.
Cosa differenzia Corazzini e D’Annunzio?
La capacità estetica e di creazione di parole in Gabriele D’Annunzio era molto considerata all’epoca e i poeti contemporanei, e Corazzini stesso, ne giudicavano l’abilità stilistica e lessicale.
Corazzini, però, pur riconoscendo in D’Annunzio un pioniere a suo modo, non ha mai condiviso con lui il senso e il sentimento. Dopotutto come poteva – probabilmente – giudicare più di un bravo esteta un uomo così tanto diverso da lui?
I due non avevano praticamente nulla in comune e questo si comprende già prendendo tra le mani una poesia dannunziana e una corazziniana: ci troviamo davanti due mondi completamente antitetici.
Il primo simboleggiava il cosiddetto Poeta-Vate o Poeta-Idolo e Poeta-Politico che ben accentuava D’Annunzio e la sua vita. Ricordiamoci la sua ostentazione anche personale e molto fisica verso l’adesione dell’Italia alla Prima Guerra Mondiale utilizzando veri e propri espedienti scenici (palchetti o simili) per comunicare alle persone con maggiore enfasi e protagonismo; Dánnunzio è un protagonista, nel bene e nel male, del suo tempo sia dal punto di vista letterario o poetica e sia come personaggio pubblico.
Il secondo viveva molto più ai margini, nascosto quasi dietro la propria poetica e addirittura proprio in il Piccolo libro inutile si sente tutta la sua inadeguatezza fisica che pesa come un maciglio.
Un estratto da Piccolo libro inutile di Corazzini
I
Perché tu mi dici poeta?
Io non sono poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lacrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta?
II
Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
Le mie gioie furono semplici,
semplici così, che se io dovessi confessarle e le arrossirei.
Oggi io penso a morire.
(vv. 1-9)
Questo è solo una piccola parte della celebre poesia di Sergio Corazzini dal titolo Desolazione del povero poeta sentimentale. Corazzini quindi non si cela affatto e si definisce poeta-sentimentale.
Un estratto che ha come senso quello di mostrare la fragilità dell’uomo, la sua precarietà e anche la sua immensa pienezza interiore.
Come scriveva Corazzini?
Se di uno scrittore tracciare lo stile e analizzarne il valore è abbastanza semplice; è molto più complicato mettere “sotto esame” il valore di un poeta. Leggere poesie è un’azione più arzigogolata perché è, tendenzialmente, poco compiuta e, quindi banalmente, siamo poco avvezzi a comprenderla.
Certo è che già leggendo alcune sue poesie ciò che si intuisce è che il poeta Corazzini è un poeta dalla ricerca formale molto attenta, ben dosato nell’uso delle parole ma in un contesto di verso libero.
Ecco questa è certamente una sua abilità perché le parole non sono state inserite a casaccio ma in modo oculato. Non si tratta di un poeta complesso anzi piacevolmente raffinato ma anche piacevole nella lettura; una lettura che scorre senza troppe difficoltà.
Se continuassimo a trattare la poesia Desolazione del povero poeta sentimentale vedremmo che è composta di 55 versi dove è presente il tema crepuscolare ma anche una riflessione sull’identità del poeta che se per D’Annunzio è un poeta-vate, per Montale è un poeta- laureato per Corazzini è “un piccolo fanciullo che piange”.
Già il giovanissimo Sergio Corazzini che ci ha lasciati indubbiamente troppo presto resta uno dei più interessanti poeti del secolo scorso e della produzione poetica italiana.