Patrizia Cavalli: poetessa nel Novecento

Patrizia Cavalli fu una poetessa e scrittrice contemporanea, molto nota nell’ambiente della poesia.

Viene scoperta dall’amica Elsa Morante a Roma; città che la Cavalli assunse come sua seconda casa avendo lasciato Todi e nella quale scrisse quasi tutte e 12 le sue opere. Già perché la Cavalli passò la prima parte della sua vita a Todi per poi trasferirsi a Roma attratta dalle possibili conoscenze in campo artistico e per proseguire gli studi (1947-2022).

La forma poetica della Cavalli è tipica di quella linea di far poesia del Nord Italia, dove elementi di classicismo si intrecciavano perfettamente con spruzzi di attualità.

La Cavalli sarà un vero e proprio “canzoniere d’amore” come sarà definita da Enrico Testa, per Giulio Einaudi Editore. Già perché la Cavalli, con Alda Merini e Patrizia Valduga, rappresenterà la poetica femminile nell’opera Poeti Italiani 1960-2000 ad indicarne la grandezza stilistica.

 

Patrizia Cavalli e La vita è meravigliosa

Riportiamo di sotto alcune poesia della Cavalli tratte dalla sua opera La vita è meravigliosa del 2020, ultima sua produzione poetica prima di morire due anni dopo.

Ciò che propongo è un saltellare qui e lì nella su poetica senza seguire necessariamente l’ordine preimposto per noi in seno alla pubblicazione e mi colpisce, come prima poesia appartenente alla categoria Condannata a essere umana. Infatti ciò che va spiegato è che, aprendo le pagine di questa raccolta di poesie, tutte le creazioni poetiche sono senza titolo e sono state inglobate in alcune categorie decise, a priori, dall’autrice che con questa categorizzazione ci fornisce una chiave di lettura, condizionandoci volontariamente.

 

Finite le sigarette, buttato via

il pacchetto, finito ogni strumento

per pensare. Andrò a dormire.

Ma mi rigurgita in testa qualche avanzo,

parole sfuse che andranno a galleggiare

nella stanzetta iperbarica del sonno

dove il pensiero avrà certo la meglio

su quella nicotina qui ormai priva di regno.

 

È estremamente interessante notare quanto la poetessa abbia mostrato un momento molto intimo, l’attimo in cui ci abbandoniamo tra le coperte e iniziamo a sognare; spinti dal dolce farsi cullare del dio Morfeo. Ecco la sfera intima del sonno, in cui siamo vulnerabili si mescola ad una abitudine tutta umana legata al respiro che è, appunto, fumare. Leggendo e rileggendo queste parole; perché la poesia va letta più volte, interiorizzata. Si comprende che la poetessa è attanagliata da una serie di pensieri che, però, ormai, sono come ospiti fissi nella propria testa e con i quali convive come avrebbe fatto con un compagno (se ci fosse stato, accanto a lei, in quel letto).

È una poesia contemporanea nella misura in cui le regole stilistiche classiche scompaiono e si usano parole prese in prestito da ciò che la Cavalli vede intorno a sé o che esprimono, comunque, il suo tempo come l’uso della parola iperbarica che è tipica di un luogo claustrofobico (sia se immaginata in una stanza di un ospedale o di una clinica e sia se immaginato in un contesto di sperimentazione) che, però, si trova a definire il sonno che è invece un’azione intima e che può lasciare ampi spazi alla libertà e all’immaginazione.

La Cavalli sta tutta qui, in questo gioco di associazioni improbabili dove il tempo si sospende e si connota allo stesso momento.

 

 Patrizia Cavalli da Le mie poesie non cambieranno il mondo

Dopo aver mostrato una poesia tratta dalla sua ultima opera poetica, riproduco qui una poesia tratta da un’altra raccolta Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), nelle quali la poetessa – molto più giovane – abilmente descrive uno smarrimento interiore.

 

Stupita cercavo le ragioni

di quel sogno che fu piacere di baci.

Ma presto giunse il mio rivale

di tutte le notti il mio rivale

e senza sforzo come cosa sua

sottrasse a me

la rara prigioniera.

 

Si tratta di una poesia diversa dalla prigioniera, non vi sono apparenti elementi di modernità; è più classica nella sua struttura. La poetessa Cavalli si indaga, si mette a nudo e descrive un bisogno di amore. Patrizia Cavalli, già dal titolo della raccolta, ci mostra che non ha pretese di successo o di fama e che vuole scrivere per sé stessa, non a scopo di divenire una sorta di poetessa-vate.

Si nota che le poesie sono dense, piene di metafore che non restano mai fine a loro stesse nelle quali esprimere la complessità di un’amina irrequieta e sempre in cerca di un qualcosa che è destinato piuttosto ad essere cercato che trovato davvero. Questa, dopotutto, è la visione tipica dei grandi pensatori e dei sofferenti.

Aveva uno sguardo intenso la poetessa Cavalli, uno di quegli sguardi che dice molto più del dovuto forse anche perché era in pace con il proprio eros.

Una donna che ha certamente lasciato il segno ma che avrebbe dovuto lasciarne molto di più; avrebbe dovuto essere letta ancora oggi in modo molto più intenso ma che fa parte del mondo della poesia che, purtroppo, è sempre meno approcciata.

Ludovica Cassano

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