Gabriel García Márquez e il realismo magico

Gabriel José de la Concordia García Márquez, noto semplicemente come Gabriel García Márquez (o, addirittura, Gabo), fu il padre del “realismo magico”. Corrente letteraria che ebbe inizio proprio con i suoi romanzi.

Nasce ad Aracataca nel 1927 (cittadina della Colombia). Proprio la “mescolanza culturale” della sua terra lo porterà a comporre opere impregnate allo stesso tempo di miti e leggende e realtà, al punto tale da non riuscire a scinderli tra di loro. La sua più grande peculiarità fu creare uno stile quasi sospeso tra diversi piani: immaginario e reale e nei quali i personaggi si muovono affrontando insidie e passioni. La sua visione è molto fisica; pregna di sensi e degli odori e rumori della vita, quella vera. Una scrittura talmente fisica da risultare, a tratti, poetica.

Gabriel García Márquez fu uno degli scrittori più significativi per la letteratura del secolo scorso, in generale, ma soprattutto per la letteratura latinoamericana. Grazie alle sue opere fa parlare nuovamente una lingua che aveva perso il proprio ruolo centrale; dobbiamo ricordare che sarà proprio Cent’Anni di Solitudine a riportare in prima linea la letteratura in lingua spagnola, dopo Don Quichotte De La Mancha di Miguel De Cervantes, al centro del panorama letterario internazionale. Grazie a Cent’anni di Solitudine, composto nel 1967, la produzione letteraria in lingua spagnola si riafferma nel panorama internazionale.

Cent’anni di Solitudine gli valse il nobel ed è definita una delle più grandi opere del Novecento Letterario.

Origini di Gabriel García Márquez prima del successo letterario

Gabriel García Márquez nasce studente di giurisprudenza e di scienze politiche che, però, abbandona prima di terminare gli studi perché non appagato dalle materie universitarie che , a suo avviso, non saziavano la sua anima di letterale puro. Sin dall’inizio si presenta come dotato di una forte personalità che poi svilupperà adattandosi prontamente a vari ruoli professionali.

Fu uno scrittore, giornalista e saggista di origine colombiana naturalizzato messicano e cittadino del mondo. Gabriel García Márquez aveva viaggiato molto e vissuto anche in Europa (Roma, Parigi, Londra) a seguito del suo lavoro di corrispondente estero.

Cresciuto in una famiglia numerosa e povera, deve arrangiarsi per sopravvivere.

Proprio la famiglia gli fornisce lo stimolo principale per la creazione di altre famiglie numerose che iniziò a descrivere sin dai primi romanzi. Certamente Gaboaveva iniziato da ciò che conosceva bene, provenendo da una famiglia di sedici figli (lui era il primogenito) e circondato dalla confusione e dalla condivisione.

Radici politiche e visioni letterarie di Gabriel García Márquez in Foglie Morte

Il suo esordio letterario è legato alla sua produzione romanzesca Foglie Morte del 1955; un romanzo che racconta tre punti di vista differenti e contemporanei. I tre protagonisti e occhi della vicenda sono Isabel, donna di trenta anni, suo figlio di nove anni e suo padre, ex colonnello dell’esercito liberale durante la Guerra dei Mille Giorni.

La location è Macondo, villaggio inventato dall’autore e che sarà ancora presente nel successivo romanzo e suo capolavoro Cent’Anni di Solitudine.

Nella storia il padre deciderà di inimicarsi tutta la collettività concedendo degna sepoltura ad un uomo, un medico del villaggio, che era stato emarginato (dalla stessa collettività) a causa del suo rifiuto di prestare soccorso ai feriti della repressione contro i moti popolari. L’odio intorno a lui si accentuerà e non si placherà nemmeno alla sua morte. Tutta la vicenda è raccontata sapientemente da Gabriel García Márquez e si sviluppa in un arco narrativo di 24 ore dove la data di inizio è quella del 12 Settembre 1928. Dalla morte dell’uomo si dipanerà una narrazione fitta di sentimenti, tradimenti, passioni terrene e non, tipiche della costruzione dello scrittore colombiano. Questa opera venne alla luce quando Gabriel García Márquez non aveva di che vivere e per potersi pagare la pigione in calle de Crimen a Baranquilla lascia proprio il manoscritto in pegno al portinaio della pigione a ore dove alloggiava. Il romanzo sembra quasi maledetto: prima rifiutato da vari editori, poi finalmente viene accettato ma l’editore muore e se ne perdono le tracce e solo dopo varie peripezie lo ritrova, lo rimaneggia (tagliandone 40 pagine circa) e lo stampa grazie ad una tipografia per la quale lavora. L’opera, però, rimane quasi totalmente invenduta nei magazzini. Questo demoralizzerà Gabriel García Márquez che penserà di smettere di scrivere ritenendo di non essere abbastanza bravo.

Si arriva alla sua opera principale con Cent’Anni di Solitudine

Il romanzo, Cent’Anni di Solitudine, venne scritto in 18 mesi dall’autore. Narra le vicende di sette generazioni della famiglia Buendía e della cittadina di Macondo. Proprio la cittadina sarà un’altra protagonista della narrazione ed è descritta a partire da José Buendía che la fonda nel XIX secolo.

La storia è ricca di prolessi che permettono a Gabriel García Márquez di intrecciare diversi piani narrativi con i quali descrive gli avvenimenti prima che avvengano con uno stile dettagliato e molto personale.

La famiglia Buendía e Macondo sono un po’ espressione della Colombia e della sua storia; in questa continua narrazione si intrecciano fatti realmente accaduti ma rinominati a fatti frutto di fantasia e a leggende e miti locali. Proprio questo sarà il suo marchio di fabbrica, la sua impronta nella storia della letteratura mondiale.

Cent’Anni di Solitudine è un’opera creola dai confini incerti

La natura creola della popolazione colombiana si vede molto bene e si coglie leggendo le pagine di Cent’Anni di Solitudine e, infatti, Gabriel García Márquez non nasconde questa profonda dicotomia genetica mischiando anche personaggi di diverse origini tra loro. In una profonda mescolanza di visioni.

Una sorta di leggenda circonda la vita di Gabriel García Márquez nel periodo in cui concepisce l’idea di questo romanzo. Il suo stato d’animo viene descritto molto travagliato poiché l’autore non riusciva a trovare la forma giusta con la quale narrare la storia che aveva in mente.

Si dice che si trovasse in viaggio, in macchina, con la moglie e i suoi due figli e che mentre guidava ebbe una visione dello stile con la quale la nonna gli raccontava le storie da piccolo. Di ritorno da questa vacanza delegò la moglie a ogni incombenza domestica e per 12 mesi si isolò in un camera. La moglie arrivò a accumulare 12000 $ di debiti per il mantenimento della famiglia e della stessa casa.

Quest’opera cambia le regole di classificazione, non essendo paragonabile e incasellabile in alcun genere in commercio e fa nascere il cosiddetto “realismo magico” mentre Gabriel García Márquez ne diventa il massimo esponente.

In questo racconto si viene a creare un vero e proprio microcosmo nel quale la linea di demarcazione tra vivi e morti sembra sfumare, a tratti, nel potere della chiaroveggenza che è ad appannaggio di alcuni viventi. I capitoli non sono numerati e la narrazione ricopre appunto un arco temporale di circa 100 anni (dal 1830 al 1930) che vedono la fondazione di Macondo/Colombia fino alla depressione post-economica bananiera del 1930. Il tutto farcito di evoluzione tecnologica e cambiamento sociale.

La condizione sociale e psicologica della solitudine

La solitudine del titolo è dunque la condizione di ogni uomo all’interno di questo microcosmo: “i vivi si agitano e combattono senza tuttavia muoversi da uno stesso punto e i morti ritornano sulla terra come sagome, così solitarie e affrante che finiscono per diventare amiche di quelli che erano stati in vita i loro peggiori nemici” (Prudencio Aguilar). Il messaggio finale, che dà tutto il senso della tragedia umana, mostra come infine tutte le vicende attraversate dai personaggi portino l’ultimo della stirpe a comprendere l’entità dell’incapacità di evolversi. Troppo tardi, perché nel momento stesso in cui egli arriva alla scoperta che ha valso cent’anni di solitudine (la decifrazione delle pergamene di Melquíades), scatta la punizione “divina” sotto forma di un vento biblico che spazzerà via ogni traccia del villaggio, ormai quasi una cittadina, e dei suoi abitanti. Insomma, in definitiva la storia corale della famiglia Buendía, affollato crocevia di speranze, desideri e sogni… una famiglia così densa e impregnata di forti sentimenti ma così chiusa nelle sue effimere illusioni da sprofondare nella più sconsolante e più irrimediabile delle solitudini.

Dopo Cent’Anni di Solitudine altre opere

Ridurre la produzione di uno scrittore quale Gabriel García Márquez alla sola stesura di Cent’Anni di Solitudine sarebbe un grande errore ma è facile che ciò accada poiché si tratta davvero di un’opera dalla potenza immaginifica e dalla fama internazionale.

Pochi autori hanno potuto così tanto e, quindi, leggendo le successive opere di Marquez si incappa inevitabilmente nella comparazione. Risulta difficile stabilire, con tali premesse, la validità oggettiva di opere quali:

1) L’autunno del patriarca (1975)

2) Cronaca di una morte annunciata (1981)

3) L’Amore ai Tempi del Colera (1985)

4) Dell’Amore e di altri demoni (1994).

Tutti i titoli sopra citati appartengono ad altre opere scritte da Gabriel García Márquez . Si tratta di opere validissime al punto da essere state semplicemente “sfortunate” a dover subire il paragone con Cent’Anni di Solitudine. Questo rende così complicato ridurre a poche righe la descrizione di una figura letteraria e non solo come Gabriel García Márquez .

È bello, innanzitutto, ricordare che i romanzi di Gabo ci permettono di entrare nel mondo di un intellettuale che ha cercato, riuscendoci, di comunicare la bellezza nostalgica ma anche la gabbia di luoghi comuni e di imposizioni sociali tipiche della sua terra e della sua popolazione.

Questo e molto altro rendono così attuale Gabriel García Márquez rendendo le sue opere immortali.

Ludovica Cassano

 

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